Anche quest’anno il CIP (Comitato Italiano Paralimpico) ha profuso uno sforzo notevole per promuovere due Camp di avviamento allo sport rivolti a giovani di età compresa tra i 6 e i 30 anni con disabilità fisiche, sensoriali e intellettivo relazionali, non tesserati.

Nella settimana organizzata al Villaggio Italia di Lignano Sabbiadoro (UD) era presente un gruppo di ragazzi del CFPIL di Varese, guidati in veste di tecnici dalla nostra Presidente Anna Sculli e da Marzia Miglioli, seguiti dagli accompagnatori Dario Tagnocchetti, Debora Bergomi e Giorgia Perrotta.

Giuseppe Ferraro, Giovanni Del Vecchi, Jauqeline Seri, Ivan Kolev e Cristiano Livietti, ha avuto la possibilità di conoscere e provare molte discipline paralimpiche: atletica, basket, calcio, ciclismo, ginnastica, arco, bocce e scherma.

Quest’anno l’esperienza al Camp è stata anche motivo d’orgoglio per la famiglia del Vharese. Infatti, ad affiancare istruttrici e accompagnatori c’erano Omar Carobene e Vincenzo Virardi, atleti che da anni militano nel settore basket del Vharese con grandi risultati nei rispettivi palmares.

Omar e Vincenzo nel corso degli anni hanno fatto un percorso di crescita personale e sportiva importante. Per loro è arrivato il momento di dare ai ragazzi del CFPIL quello che a loro volta hanno ricevuto.

Non sappiamo di quale sport si siano innamorati le ragazze e i ragazzi del CFPIL, speriamo solo che l’interesse provato a Lignano lo trasferiscano anche nella vita di tutti i giorni. E in questo il Vharese potrà essere un punto d’appoggio. Ma sia i ragazzi che Omar e Vincenzo hanno potuto fare un’altra esperienza: entrare in contatto con altre persone che fino al loro arrivo a Lignano non conoscevano.

Lo sport è servito anche, soprattutto, a questo. Incontrare ed interagire con numerose persone, ognuna con la propria disabilità, con i propri spazi, con il proprio modo di vivere.

Il titolo di questo post si rifà a un messaggio WhatsApp che uno dei due accompagnatori ha scritto al rientro da Lignano.
Portarsi a casa la consapevolezza di essere cresciuto grazie ai sette giorni vissuti insieme, “tutti uguali nelle nostre diversità”.
Una straordinaria consapevolezza che portata a casa non potrà che contagiare tutta la grande famiglia del Vharese. Grazie ragazzi, forza Vharese!